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Le Strette e la sua Nas-cëtta – Credere nella propria terra, anche quando il mondo guarda altrove

Tra le colline del Barolo, dove nascono alcuni dei rossi più celebri al mondo, c’è una storia di resistenza silenziosa. È quella di Le Strette, piccola cantina di Novello, che dagli anni ’90 ha scelto di scommettere su un’uva bianca quasi dimenticata: la Nas-cëtta.

Un vitigno semiaromatico, elegante e imprevedibile, che nel Novecento ha rischiato di sparire. Le rese basse e la maturazione irregolare l’avevano resa poco conveniente e così molti viticoltori l’avevano abbandonata per dedicarsi ai più redditizi Nebbiolo, Dolcetto e Barbera. Solo pochi contadini la coltivavano ancora per sé, quasi di nascosto, come un ricordo di famiglia.

Negli anni ’90, quando di Nas-cëtta restavano solo pochi filari, Savio Daniele e suo fratello decisero che non poteva finire così. Cercarono le vecchie viti, le studiarono, le vinificarono in purezza — anche se il vitigno non era ancora riconosciuto. Le prime bottiglie uscirono come vino da tavola bianco, senza nemmeno poter scrivere “Nas-cëtta” in etichetta: una sfida silenziosa, mossa più dalla curiosità che dal calcolo.

Poi arrivò il 1999. Una serata di degustazione con alcune vecchie annate, custodite da chi ancora la coltivava, fece capire a molti che quell’uva aveva una voce tutta sua. Da lì cominciò davvero la rinascita.

Nel 2001, dopo studi e analisi condotti insieme all’Istituto di Ampelografia di Torino e alla ricercatrice Anna Schneider, la Nas-cëtta fu finalmente riconosciuta nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite. Ma per Le Strette non era un punto d’arrivo: era solo l’inizio di un impegno che continua ancora oggi.

Nel 2011, dopo anni di lavoro e di discussioni, nacque la menzione Langhe Nas-cëtta del Comune di Novello DOC, fortemente voluta proprio da Le Strette per difendere la purezza del vitigno. Una battaglia portata avanti con tenacia, perché il disciplinare “Langhe Nascetta DOC” consentiva ancora l’aggiunta di altre varietà. Per loro, invece, la Nas-cëtta doveva restare se stessa. Senza compromessi.

Oggi, in un territorio dove tutti parlano di Barolo, Le Strette continua a credere in questo bianco difficile e capriccioso. Non per moda, ma per convinzione. Un modo di lavorare che assomiglia al carattere di chi la fa: diretto, paziente, testardo.

Perché a volte, per dare voce alla terra, basta avere il coraggio di non smettere di ascoltarla.

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