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Dai bar degli anni ’80 all’All Day Bar: il caso Trivè, nato a Torino, riscrive il modello italiano

In un Paese dove il settore bar vale oltre 23 miliardi di euro ma fatica a cambiare pelle, c’è chi sta riscrivendo le regole del gioco. A Torino nasce Trivè, un format di All Day Bar aperto dalle 8 del mattino alle 2 di notte, con fatturati che oscillano tra 1,2 e 1,8 milioni di euro per locale.

Milano da bere. Torino da vivere.” Quarant’anni dopo quella stagione, molti bar italiani sembrano rimasti immobili nel tempo: vetrine cariche, gestione artigianale, poca innovazione. Eppure il potenziale è enorme. Secondo i dati FIPE, in Italia operano oltre 328 mila esercizi ristorativi, di cui circa 130 mila sono bar: il 40% del totale. Un comparto che genera ricavi significativi, ma ancora dominato da piccole attività familiari con margini ridotti e modelli di gestione spesso datati.

Torino, con la sua vivacità culturale e gastronomica, è lo specchio perfetto di questo scenario. Un tessuto ricco di locali ma anche di contraddizioni: tante idee, poca struttura. È qui che Trivè ha scelto di intervenire, con un progetto che traduce il modello del bar italiano in un sistema replicabile e sostenibile.

Ivan Daniele fondatore

Fondato nel 2017 da Ivan Daniele, Trivè nasce da una constatazione: “Ho lavorato in bar, pasticcerie, pizzerie e ovunque ho trovato lo stesso problema: locali che si reggono sull’estro del singolo imprenditore, senza un metodo“, racconta Daniele. “In Italia ci sono 130 mila bar, eppure nessuno aveva mai reso questo modello replicabile. Mi sono chiesto perché: la risposta è che è sempre stato difficile standardizzare una complessità simile“.

E in effetti, la sfida è proprio quella: il bar tradizionale attraversa cinque momenti diversi della giornata – colazione, pranzo, aperitivo, cena e dopocena – ognuno con esigenze e logiche proprie. Trivè ha affrontato il problema scomponendo il modello in processi e obiettivi chiari, definendo procedure replicabili e misurabili.

Il cuore del progetto è un laboratorio di produzione centralizzato che rifornisce tutti i punti vendita, diretti e in franchising. Da qui arrivano lavorati e semilavorati standardizzati che assicurano la stessa qualità, freschezza e coerenza in ogni locale. In questo modo, il cliente ritrova ovunque la stessa esperienza, mentre i costi restano sotto controllo: le materie prime incidono per meno del 30% e il personale per circa il 32%.

Oggi Trivè conta cinque locali attivi: tre diretti a Torino – tra cui la recente apertura in piazza Vittorio – uno in franchising in via Duchessa Jolanda e uno a Milano, in via Marghera. Ogni punto vendita genera in media tra 1,2 e 1,8 milioni di euro l’anno. “Il dato più rilevante non è soltanto il fatturato, ma la prova che un bar può diventare replicabile“, commenta Daniele. “Il nostro obiettivo è creare il primo brand italiano nel settore bar, una categoria nuova chiamata All Day Bar. Vogliamo diventare quel posto sicuro e comodo a cui le persone pensano per ogni occasione: un pranzo veloce, un appuntamento informale, un aperitivo con gli amici o una festa di laurea“.

Dopo aver consolidato il modello a Torino, il marchio è pronto a crescere. Le prime trattative per nuove aperture sono già in corso a Milano, Legnano, Brescia, Vicenza, Firenze, Pordenone e Roma. Le proiezioni parlano chiaro: con un fatturato complessivo oggi intorno ai 5 milioni di euro, Trivè punta a raddoppiare entro il 2026 e a raggiungere i 25 milioni nel 2028.

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