Si è conclusa con un successo straordinario l’ultima edizione del Milano Sake Experience, che domenica 28 settembre ha trasformato l’avveniristico Nhow Hotel nel cuore pulsante della cultura giapponese a Milano.
L’evento, atteso da appassionati e curiosi, ha mantenuto tutte le sue promesse, confermandosi non solo come l’appuntamento di riferimento in Italia per il settore, ma come l’edizione più grande e partecipata di sempre.
Il cuore dell’esperienza è stata, come di consueto, l’immensa area degustazione, che per un’intera giornata ha offerto ai visitatori un viaggio senza precedenti attraverso oltre 1000 etichette di sake. Un vero e proprio record che ha permesso di esplorare la ricchezza e la diversità del “nihonshu“, dalle cantine più tradizionali del Giappone alle interessanti produzioni emergenti da altri Paesi.
Dai Junmai DaiGinjo più eleganti e fragranti ai sake corposi e strutturati, fino alle varianti più moderne e sperimentali, il pubblico ha avuto l’opportunità unica di confrontare stili, scoprire piccoli produttori e apprezzare la versatilità di questa bevanda millenaria.
Come annunciato, l’evento ha superato la semplice formula della degustazione, proponendo un’atmosfera a 360° nel mondo del sake. I partecipanti hanno potuto vivere un’esperienza multisensoriale:
· Workshop Educational: Sessioni guidate da esperti sommelier e produttori hanno affollato gli spazi dedicati, offrendo preziose chiavi di lettura per orientarsi tra le diverse categorie, le tecniche di produzione e gli abbinamenti più azzeccati.
· Food Corner: Le papille hanno potuto mettersi alla prova con delizie gastronomiche studiate per creare sinergie perfette con i vari profili di gusto dei sake in degustazione, da prodotti dell’autentica cucina giapponese come il Miso, alle eccellenze di casa nostra come il parmigiano reggiano, il Crudo di San Daniele e il tartufo nero di Terre Derthona.
· L’Atmosfera: L’energia e l’entusiasmo dei partecipanti, uniti alla location d’eccezione del nhow Hotel, hanno creato un’atmosfera vivace e coinvolgente, rendendo la giornata un vero e proprio festival di cultura e gusto.
Come diceva oggi Lorenzo Ferraboschi, deus ex machina di Sake Company, il bilancio di questa edizione è più che positivo. L’enorme affluenza e l’interesse crescente testimoniano come il sake stia conquistando un posto di rilievo anche nel panorama enogastronomico italiano.
Quando si pensa al Giappone, tra le prime immagini che affiorano alla mente ci sono i samurai, i ciliegi in fiore e, immancabilmente, una piccola tazzina di sake. Ma cos’è esattamente questa bevanda affascinante? Spesso chiamato “vino di riso“, il sake è in realtà molto più complesso e la sua produzione richiede un’arte raffinata che affonda le sue radici in secoli di tradizione.
Il sake è una bevanda alcolica giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso. Tecnicamente, è un “brewed alcoholic beverage” (bevanda alcolica fermentata), più vicina alla birra che al vino nella sua produzione. Il suo sapore può spaziare dal dolce al secco, con profumi che ricordano il fruttato, il floreale o il funghi e cereali, a seconda della tipologia. Il suo nome corretto in Giappone è Nihonshu (日本酒).
Il sake viene prodotto in tutto il Giappone, ma alcune regioni sono particolarmente rinomate, come:
· Prefettura di Niigata: Famosa per i sake leggeri, puliti e dal finale asciutto.
· Prefettura di Kyoto (in particolare la zona di Fushimi): Nota per le sue acque dolci e per sake raffinati e morbidi.
· Prefettura di Hiroshima: Produce spesso sake con un elegante equilibrio tra dolcezza e acidità.
L’elemento fondamentale è l’acqua pura, che costituisce circa l’80% della bevanda. Anche la qualità del riso è cruciale; non si usa il riso da tavola, ma varietà speciali con chicchi grandi e ricchi di amido, come lo Yamada Nishiki, considerato il “re” dei risi da sake.
La creazione del sake è un processo meticoloso che coinvolge diversi passaggi fondamentali:
- Seimaubuai (Politura del riso): I chicchi di riso vengono “lucidati” per rimuovere gli strati esterni (crusca), ricchi di proteine e grassi che potrebbero alterare il sapore. Maggiore è la percentuale di politura (cioè quanto del chicco viene asportato), più pregiato e puro sarà il sake.
- Senmai (Lavaggio, Ammollo e Cottura): Il riso viene lavato, immerso in acqua per assorbire l’umidità necessaria e poi cotto al vapore.
- Kōji (La Magia del Muffa): Una parte del riso cotto viene trasferita in una stanza calda e umida e vi si sparge sopra il kōji-kin (Aspergillus oryzae), una muffa benefica. Questo è il passaggio più critico: il kōji-kin trasforma l’amido del riso in zuccheri semplici, pronti per la fermentazione.
- Moto o Shubo (Il Lievito Madre): Il riso kōji, il riso cotto, l’acqua e il lievito vengono mescolati in una piccola vasca per creare una coltura starter iper-concentrata. Questo “lievito madre” darà il via alla fermentazione principale.
- Moromi (Fermentazione Principale): Al lievito madre vengono aggiunte in tre fasi successive più quantità di riso cotto, riso kōji e acqua. Questo mosto (moromi) fermenta per circa 20-40 giorni. La particolarità unica del sake è che la saccarificazione (trasformazione dell’amido in zucchero) e la fermentazione (trasformazione dello zucchero in alcol) avvengono contemporaneamente nella stessa vasca.
- Shibori (Pressatura): Una volta completata la fermentazione, il moromi viene pressato per separare il sake limpido (il seishu) dalle borffe solide (i kasu).
- Filtraggio, Pastorizzazione e Stagionatura: Il sake può essere filtrato (o meno), pastorizzato (o meno) e lasciato a maturare per alcuni mesi per arrotondarne i sapori prima di essere imbottigliato.
Navigare tra le etichette del sake è più semplice se si conoscono queste categorie fondamentali, determinate dal grado di politura del riso e dall’aggiunta di alcol distillato.
· Junmai (純米): “Riso puro”. Prodotto solo con riso, acqua e kōji. Nessun alcol aggiunto. Ha un sapore ricco, corposo e un’acidità pronunciata.
· Honjōzō (本醸造): Con una politura del riso almeno al 70%, a cui viene aggiunta una piccola quantità di alcol distillato per esaltare aroma e leggerezza. Tende ad essere asciutto e facile da bere.
· Ginjo (吟醸): Con una politura del riso almeno al 60%. Fermentato a basse temperature per periodi più lunghi, sviluppa aromi complessi e fruttati (come mela, pera, banana). Può essere Junmai Ginjo (senza alcol aggiunto) o semplicemente Ginjo (con alcol aggiunto).
· Daiginjo (大吟醸): Il vertice della piramide. La politura del riso arriva almeno al 50%. È un sake estremamente profumato, elegante e raffinato. Anche qui, esiste Junmai Daiginjo (puro) e Daiginjo.
Altre diciture importanti:
· Namazake: Sake non pastorizzato, fresco e vivace.
· Nigori: Sake filtrato in modo grossolano, quindi torbido e dolce.
· Genshu: Sake non diluito, quindi con gradazione alcolica più alta (circa 18-20%).
· Koshu: Sake invecchiato, che sviluppa colori ambrati e note di caramello, spezie e frutta secca.
Contrariamente al luogo comune, non tutto il sake va servito caldo.
· Caldo (Atsukan o Nurukan): Il calore esalta i sapori e mitiga le asperità. È ideale per i sake più semplici, come alcuni Honjōzō o Junmai di qualità standard, soprattutto in inverno.
· Freddo (Reishu o Hiyazake): I sake premium, come Ginjo e Daiginjo, vanno serviti leggermente refrigerati (10-15°C) per preservare i loro delicati e complessi aromi fruttati.
· A temperatura ambiente (Jō-on): Molti Junmai si prestano bene a essere bevuti a temperatura ambiente, per apprezzarne appieno il carattere.
Il sake si beve tradizionalmente in piccole tazze di ceramica, legno o vetro (ochoko o guinomi), che vengono riempite da una bottiglia (tokkuri). È educazione non versarsi da soli da bere, ma farselo versare dagli altri e ricambiare il gesto.
Oltre che come bevanda da meditazione, il sake è un ottimo compagno per la cucina. Si abbina non solo al sushi e al sashimi, ma anche a piatti della cucina occidentale, dai formaggi alla carne alla pizza, grazie alla sua versatilità.
Il sake non è solo una bevanda, ma un’espressione culturale. È il risultato di ingredienti puri, di un lavoro paziente e di una tradizione che si rinnova. Assaggiare un bicchiere di sake significa assaggiare un pezzo dell’anima del Giappone.
Kampai! (Salute!)






