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Il Recioto della Valpolicella entra tra i Presìdi Slow Food: un patrimonio da proteggere

Il Recioto della Valpolicella è il vino simbolo del territorio veronese, padre di quell’Amarone – inizialmente chiamato Recioto Amaro – che ha portato questa zona alla fama internazionale. Oggi entra ufficialmente tra i Presìdi Slow Food del Veneto, a tutela di un patrimonio enologico che merita maggiore attenzione.

La storia di questo vino risale a duemila anni fa. L’appassimento delle uve, tecnica tradizionale delle terre veronesi per conservare la frutta durante l’inverno, viene citato da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. e più tardi da Cassiodoro, che descrive un vino ottenuto da uve disidratate come “mosto invernale, freddo sangue delle uve”.

Il nome deriva da rècie, orecchie nel dialetto locale: sono le ali del grappolo da cui si selezionano gli acini destinati all’appassimento. Il Recioto nasce da Corvina, Corvinone, Rondinella e, in misura minore, da altri vitigni della zona come Molinara, Oseleta, Pelara, Dindarella, Spigamonti e Turchetta.

«Abbiamo deciso di avviare un Presidio sul Recioto – afferma Roberto Covallero, presidente di Slow Food Veneto e referente del Presidio – ben consapevoli di quanto fosse complesso questo progetto, perché questo vino così identitario per la Valpolicella, negli ultimi 20 anni è in continuo calo. Sul totale delle bottiglie prodotte in Valpolicella solo lo 0,6% è Recioto».

Negli ultimi decenni la spinta del mercato verso l’Amarone e il calo dei consumi di vini dolci hanno contribuito alla sua marginalizzazione. Per troppo tempo è stato relegato al dessert, quando invece il territorio da sempre lo abbina anche a piatti salati della tradizione locale.

«Il nostro obiettivo è strapparlo all’oblio – continua Covallero – iniziando dai primi sette produttori che condividono questo progetto, le Cantine Mizzon, Venturini, Roccolo Grassi, Corte Merci, La Dama, Giovanni Ederle e Novaia, per aggregare in futuro altri produttori. Si stanno avvicinando in particolare piccole cantine, quelle più legate al territorio e alla tradizione, che già producono in modo sostenibile e nel pieno rispetto dell’ambiente e della biodiversità».

Il Recioto della Valpolicella entra tra i Presìdi Slow Food: un patrimonio da proteggere

Il regolamento del Presidio è molto rigoroso e ispirato ai principi della Slow Wine Coalition, più restrittivo rispetto al disciplinare della Docg. Sono vietati diserbo chimico e scorciatoie tecniche: servono vigne di almeno 15 anni condotte dai produttori stessi, appassimento in fruttaio per almeno 100 giorni senza forzature, bassa solforosa, messa in commercio non prima di cinque anni dalla vendemmia – con almeno un anno in bottiglia – e l’impegno a tutelare i terrazzamenti e il paesaggio rurale della Valpolicella.

Durante un incontro con i produttori della FIVI a Verona, Nicola Perusi (Cantina Mizzon), referente del Presidio, ha sottolineato il valore culturale del progetto:
«Innanzitutto l’aspirazione a ritrovare un vino che è quello che tutti ricordano. Un tempo di Recioto se ne producevano due versioni, quella più giovane, che la Docg disciplina in modo già rigoroso, e una versione invecchiata che nel tempo è andata perdendosi a vantaggio dell’Amarone. Molti hanno abbandonato questa versione che toccava punte di eccellenza, o l’hanno molto ridimensionata. Ma il Recioto trova la sua grandezza nell’invecchiamento, è questo che dà al Recioto la sua profondità, la sua complessità di profumi e struttura. Sono molto contento che in pochi giorni già sette produttori abbiano aderito. Questo è un vino che ha una storia millenaria, deve ritornare ad essere il grande vino della Valpolicella».

Corinna Gianesini, collaboratrice della guida Slow Wine e parte attiva nella stesura del regolamento, aggiunge: «In particolare l’impegno delle cantine aderenti a produrre il Recioto del Presidio Slow Food solo nelle annate che consentono di ottenere la massima qualità, e l’aspirazione a preservare non solo uno stile di vino ma anche un territorio: le vigne coltivate per lo più in collina, il mantenimento dei terrazzamenti, il fatto che non si faccia diserbo, un lavoro che, come sempre nel caso dei vignaioli, parte dalla campagna e dal rispetto per la terra. Gli impegni che i produttori si assumono con questo regolamento sono importanti, ma li abbiamo visti anche molto felici, perché quando ci si pongono mete alte le persone sono felici di raggiungerle».

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