Dal 27 ottobre 2025 al 1° febbraio 2026, la Fondazione Merz presenta la seconda edizione di Push the Limits, progetto espositivo curato da Claudia Gioia e Beatrice Merz che interroga il ruolo dell’arte nel tempo presente. Il titolo riprende una frase di Mario Merz – “la cultura si sveste e fa apparire la guerra“ – come chiave di lettura: spogliarsi delle sovrastrutture, mettere in luce le fratture, chiedere all’arte libertà e responsabilità in un’epoca segnata da conflitti e diritti violati.
In mostra venti artiste di generazioni e provenienze diverse, unite in un percorso che attraversa azioni, immagini e voci. Dalla tensione installativa di Monica Bonvicini alle geografie emotive di Latifa Echakhch, dalle riflessioni filmiche di Nora Turato ai dispositivi narrativi di Zineb Sedira, fino ai lavori di Mona Hatoum, Emily Jacir, Cécile B. Evans e Dominique Gonzalez-Foerster: pratiche differenti che rifiutano la resa e indagano i limiti del linguaggio e della rappresentazione.
La mostra non ricerca un’estetica del conflitto, ma un linguaggio capace di rendere comprensibili le crisi e aprire nuove connessioni. La “relazionalità“, già al centro della prima edizione e ricordata da Barbara Kruger come dimensione fondante dell’azione artistica, qui diventa metodo: le opere chiamano lo sguardo pubblico, ricompongono archivi, rimettono in circolo memorie personali e collettive. Nella prospettiva evocata anche da Hannah Arendt, libertà ed esecuzione coincidono nel gesto artistico quando danno origine a parole e forme nuove.
L’allestimento costruisce un campo di dialogo tra performance, video, fotografia, pittura e installazione, senza gerarchie. Un laboratorio critico che mostra come l’arte possa disinnescare l’abitudine, restituire complessità e suggerire una grammatica diversa per leggere il presente.
“Spogliarsi“, in questo contesto, significa scegliere l’essenziale: portare alla luce ciò che è rimasto in ombra e trasformarlo in materia di pensiero, discussione, azione.














