Slow Fish ha ospitato una conferenza dal titolo “Ripuliamo il mare, generiamo bellezza“, che ha svelato i segreti dei rifiuti nascosti e il vero valore dell’alghe posidonia, che non dovrebbero essere considerate spazzatura!
Esistono rifiuti dall’aspetto così ingannevole che sembrano tutto tranne che rifiuti. Ci sono inquinanti invisibili agli occhi, ma che hanno un impatto significativo sull’ambiente. E ci sono persino alghe che sono impopolari, che sembrano spazzatura, ma che in realtà non solo sono innocue, ma anche utili se trattate correttamente. Non dobbiamo stupirci: l’apparenza, come sappiamo, spesso inganna. Durante la conferenza “Ripuliamo il mare, generiamo bellezza” organizzata da Slow Food e Regione Liguria, con il patrocinio del Comune di Genova, del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero della Cultura, si è discusso proprio dei rifiuti e delle risorse legate al mare.
Durante Slow Fish sono stati presentati i risultati di uno studio internazionale sugli effetti delle plastiche marine, intitolato “Splash & Co“. Questo progetto è stato coordinato dall’Università di Genova, in collaborazione con l’European Research Institute e l’Università di Tolone, ed è stato finanziato dal Programma Interreg Italia-Francia Marittimo 2014-2020 dell’Unione europea. Gli studiosi hanno effettuato campionamenti nei porti di Genova e Tolone per studiare la presenza di plastica e microplastiche e il loro comportamento nell’acqua. Uno degli obiettivi del progetto è stato quello di analizzare l’effetto del biofouling (cioè l’accumulo di microrganismi viventi sui materiali umidi) sulla galleggiabilità dei rifiuti di plastica nei porti. Dai risultati delle analisi è emerso che il biofouling aumenta la densità dei frammenti di plastica e ostacola la galleggiabilità dei materiali solidi, mentre le prime fasi di crescita del biofouling favoriscono la galleggiabilità dei materiali cavi. In altre parole, la forma e le dimensioni dei materiali influenzano il comportamento dei rifiuti. Tuttavia, come ha sottolineato Franco Borgogno, ricercatore presso l’European Research Institute, “nulla galleggia per sempre“.
La plastica galleggiante è facilmente visibile e quantificabile rispetto a quella che si trova sotto la superficie dell’acqua. Tuttavia, sappiamo che rappresenta solo una piccola percentuale del totale di plastica presente nei mari e negli oceani, che coprono tre quarti della superficie terrestre e hanno una profondità media di quattromila metri. Esiste un mondo invisibile e poco conosciuto che richiede un’analisi approfondita sul movimento della plastica nella colonna d’acqua. Come ha affermato Borgogno, l’obiettivo principale non dovrebbe essere la pulizia degli oceani dalla plastica, ma piuttosto la prevenzione dell’inquinamento, agendo sia sulle coste che nell’entroterra per evitare che i rifiuti raggiungano il mare attraverso i corsi d’acqua.
Durante Slow Fish è stato anche discusso il tema della Posidonia Oceanica, un’alghe endemica che forma vere e proprie praterie sul fondale del mar Mediterraneo. Queste piante svolgono un ruolo fondamentale nella proliferazione di organismi acquatici, ma le loro foglie spesso raggiungono le spiagge e finiscono per accumularsi, risultando sgradevoli per i bagnanti. Nonostante la loro importanza, le alghe di Posidonia vengono spesso maltrattate. Tuttavia, da Pollica, in provincia di Salerno, arriva un’idea innovativa per riutilizzare le foglie spiaggiate. Il sindaco di Pollica, Stefano Pisani, ha annunciato l’inaugurazione di un impianto che utilizzerà le foglie di Posidonia ripulite dai sedimenti sabbiosi e i rifiuti organici per produrre energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno di circa cinquecento famiglie. L’obiettivo dell’impianto non è solo produrre energia, ma anche sensibilizzare la comunità sulle buone pratiche legate alla Posidonia e dimostrare che ciò che viene considerato un rifiuto può essere una risorsa preziosa in tutte le fasi della sua vita.
Durante la conferenza, sono intervenuti anche attivisti di Slow Food provenienti dalla Corea del Sud per esprimere preoccupazione riguardo allo sversamento previsto di oltre un milione di tonnellate di acqua di scarico proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, danneggiata dal terremoto e maremoto dell’11 marzo 2011. Nonostante il trattamento dell’acqua, si teme che possa ancora contenere elementi radioattivi come il trizio, il cesio 134, il cesio 137 e lo stronzio 90. Gli attivisti hanno sottolineato che se ci sono inquinamenti nelle acque al largo delle coste giapponesi, allora c’è inquinamento ovunque e che la pesca in Corea potrebbe essere seriamente compromessa se l’acqua radioattiva venisse rilasciata nell’Oceano Pacifico.
La conferenza “Ripuliamo il mare, generiamo bellezza” ha rivelato la complessità dei problemi legati all’inquinamento marino e ha sottolineato l’importanza di agire in modo preventivo per proteggere il mare e preservare le sue risorse.