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Slow Food: la Guida agli Extravergini 2024 tra siccità e cambiamenti climatici, la sfida per la qualità

È online la nuova edizione della Guida agli Extravergini 2024, curata da Slow Food Italia. Un’edizione che, come sottolinea Francesca Baldereschi, curatrice della guida, riflette le grandi sfide affrontate dall’olivicoltura italiana nell’ultimo anno, segnato da siccità e cambiamenti climatici.

Calamità e preoccupazioni per il futuro, ma anche tenacia e impegno da parte dei produttori che, nonostante le difficoltà, hanno saputo dare vita a un olio di eccellente qualità. La chiave per il futuro, secondo Slow Food, risiede nella preservazione della qualità, nella promozione della biodiversità autoctona e nell’adozione di pratiche agricole sostenibili.

«Le parole chiave che definiscono la stagione appena conclusa – spiega Francesca Baldereschi, curatrice della Guida – sono siccità e cambiamento climatico, riflesso delle rilevanti problematiche affrontate dall’olivicoltura italiana nell’ultimo anno e delle preoccupazioni per il futuro. È essenziale affrontare queste sfide preservando la qualità, promuovendo la biodiversità autoctona e adottando pratiche sostenibili. Inoltre, è cruciale non semplificare una grave crisi globale, che ha determinato una contrazione significativa della produzione, riducendola unicamente a un problema di resa e promuovendo modelli di agricoltura superintensiva, basati sull’abbassamento dei costi e sull’eccessivo utilizzo delle risorse. Tali modelli, a breve termine, non solo danneggiano l’ambiente, ma non portano vantaggi economici reali al settore». Questo è dimostrato dalle piantagioni intensive che, vedendo diminuire la capacità di irrigazione, hanno avuto una resa bassissima, portando a una consistente diminuzione dell’offerta di olio in numerosi stati.

La vera sfida per il futuro dell’olivicoltura italiana è quella di coniugare produzione di qualità e rispetto dell’ambiente, tutelando la biodiversità e valorizzando il lavoro dei piccoli produttori.

Per fortuna, in Italia le zone ad allevamento intensivo sono per ora limitate: «Un modello che presenta criticità già nel breve e medio termine, in via di dismissione nei paesi che per primi ci hanno scommesso. Eppure gli ultimi provvedimenti dell’Europa e dell’Italia vanno in tutt’altra direzione: finanziano i necessari impianti di irrigazione e le grandi estensioni e permettono l’uso dei pesticidi», sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, che aggiunge: «Da anni Slow Food si impegna a valorizzare e conservare il patrimonio olivicolo dell’Italia: sostenendo e dando voce a chi coltiva a ombrello e si prende cura del suolo, adottando inerbimenti mirati per contenere l’uso dell’acqua, salvaguardare la terra e continuare a plasmare il paesaggio. Ne sono esempio il Presidio degli olivi secolari e questa Guida, che sempre più si propone di far conoscere storie di produttori che, lavorando con grande cura e attenzione al proprio territorio, alla biodiversità locale e, grazie all’esperienza acquisita in campo e in frantoio, riescono a produrre oli di eccellente qualità. Per Slow Food, l’olio è un elemento importante perché alimento quotidiano, essenziale nel disegnare la nostra cultura gastronomica e nel contribuire alla salubrità della nostra dieta, centrale per la conservazione del territorio e nel plasmare il paesaggio, e può rappresentare una concreta opportunità sociale ed economica in moltissimi territori! È un capitale da custodire e valorizzare, anche facendo conoscere le numerose esternalità positive di cui è portatore. Nel caso dell’olio, come siamo più abituati a fare con il vino, sarebbe più giusto parlare di valore e non di prezzo».

Nonostante questo, l’olivicoltura agricola (ovvero quella non intensiva, non conformata su un modello industriale che dovrebbe essere un ossimoro rispetto a una produzione agricola) vive un momento complicato: crisi climatica, alti costi di produzione e di tutte le attività correlate (trasporti, elettricità, frantoi), omologazione dei mercati, mancanza di personale e commercio di oli di dubbia origine. Per citare solo alcune criticità responsabili, tra l’altro, del fenomeno dell’abbandono degli oliveti e della gestione ridotta al minimo, che comportano produzioni molto basse, nettamente al di sotto del potenziale dell’uliveto. Oggi, nella nostra penisola, secondo i dati di Italia Olivicola, almeno 200.000 ettari di oliveti sono in stato di totale abbandono e oltre 300.000 sono gestiti con pratiche di puro mantenimento. Da qui nascono le iniziative di Slow Food per difendere questo settore.

La Guida non è solo un prezioso strumento per gli addetti ai lavori e i consumatori per districarsi nel momento dell’acquisto e sostenere le centinaia di realtà che mantengono alto il prestigio dell’olivicoltura italiana di qualità, ma vuole essere uno stimolo a visitare queste realtà perché incontrare i produttori e scoprire il patrimonio olivicolo, spesso secolare, che caratterizza il nostro paesaggio, è la migliore forma per apprezzarlo e difenderlo.

In attesa della presentazione, che si terrà al Museo Maxxi di Roma il 20 aprile alle 10, ci sono due curiosità che si potranno trovare tra le pagine della Guida. La prima è il debutto del Piemonte: un territorio che, nonostante l’annata caratterizzata da grandinate violente, piogge intense e siccità, è riuscito a esprimere una piccola selezione di produttori in grado di fare qualità. L’altra è lo sconfinamento per provare a capire che cosa succede nelle zone del Canton Ticino e della Slovenia, contigue e in continuo scambio con le aree olivicole dei laghi lombardi e del Carso.

Oltre all’apporto fondamentale e alla competenza dei 125 collaboratori dislocati in tutta l’Italia che conoscono il territorio e hanno passione e competenza per il mondo dell’olivicoltura, la Guida agli extravergini 2024 è realizzata anche grazie al sostegno di tre realtà vicine al mondo dell’olio di qualità e sensibili al lavoro di Slow Food a difesa dell’olivicoltura buona, pulita e giusta: Gruppo Saida (produzione, commercializzazione e distribuzione di contenitori di vetro per alimenti), BioEsperia (prodotti per l’agricoltura distillati da biomassa vegetale) e RICREA (Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio).

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