venerdì, Marzo 21, 2025
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Il Cappero di Selargius diventa Presidio Slow Food

Selargius, una cittadina a pochi chilometri da Cagliari, diventa protagonista di un’importante iniziativa: il nuovo Presidio Slow Food del cappero. Qui, due produttori stanno preservando una varietà locale di capperi, resistendo all’avanzata dell’urbanizzazione.

Con quasi trentamila abitanti, Selargius è l’ottava città più popolosa della Sardegna. Cinquant’anni fa la popolazione era meno della metà, ma l’espansione urbanistica ha trasformato profondamente il territorio. «Siamo vicini alla città, in un’area di forte sviluppo edilizio» spiega Marco Maxia, 48 anni, referente dei produttori del Presidio e coltivatore di capperi da oltre venticinque anni. Dopo un periodo trascorso a Londra, ha scelto di tornare in Sardegna. «Perché sono rientrato? Il mal di Sardegna, la mancanza del mare», racconta con un sorriso, a metà tra l’ironico e il nostalgico.

Una volta tornato, Maxia si è trovato di fronte a una realtà complessa. «In campagna, senza soldi e senza terra, è difficile cominciare – confessa – soprattutto vicino alla città, dove i terreni hanno un valore elevato non per l’agricoltura, ma per il loro potenziale edificabile». Nonostante queste difficoltà, un episodio particolare ha segnato il suo percorso. Durante un’estate torrida, mentre camminava con Emanuela, che poi sarebbe diventata sua moglie, si è imbattuto in alcuni cespugli rigogliosi in mezzo alla campagna arida. «Erano verdissimi, pieni di fiori, nonostante fossero evidentemente abbandonati», ricorda.

Affascinato, ha deciso di indagare. Parlando con gli anziani del posto, ha scoperto che si trattava di una varietà locale di capperi, un tempo molto diffusa e coltivata accanto alla vite e all’olivo. Questo incontro casuale è stato il punto di partenza per il progetto che oggi vede Selargius al centro di un’iniziativa di tutela e valorizzazione agricola.

Un cappero ad alberello

A Selargius cresce una varietà unica di capperi, diversa da quelle più comuni. «La nostra pianta non è strisciante, ma un alberello con portamento eretto. Gli esemplari più vecchi, di ottanta o cent’anni, possono raggiungere un metro e mezzo di altezza» spiega Marco Maxia, referente del Presidio Slow Food.

Un’altra peculiarità del cappero di Selargius riguarda i boccioli, più piccoli e leggeri rispetto ad altre varietà: il loro peso specifico è circa un terzo rispetto a quello dei capperi più grandi. Questa caratteristica, racconta Marco, ha rappresentato un problema negli anni ’80, quando il mercato fu invaso dai capperi nordafricani. «Per raccogliere un chilo dei nostri capperi servivano quasi duemila boccioli, contro gli ottocento di altre varietà. All’epoca questa differenza fu considerata un difetto e molte piante vennero abbandonate».

La raccolta del cappero, d’altronde, è un lavoro faticoso. Deve essere effettuata all’alba o al tramonto, per evitare il caldo, e talvolta persino al chiaro di luna, approfittando della maggiore consistenza dei capperi durante la notte. Tuttavia, proprio questa leggerezza rende i capperi di Selargius più facili da usare in cucina: bastano un breve risciacquo dal sale e un minimo ammollo, e il sapore risulta più intenso.

Oggi Marco Maxia coltiva circa seicento piante recuperate da terreni abbandonati, spesso in piccoli appezzamenti presi in gestione o affitto. «Il cappero è una pianta resistente, ha superato decenni di abbandono. È lui che ha trovato noi, non il contrario», racconta. Per lui, recuperare questi terreni non è solo una scelta agricola, ma anche un atto di salvaguardia del territorio. «La campagna deve tornare a vivere, altrimenti i terreni incolti diventano preda della speculazione edilizia. Un terreno ben curato, poi, riduce anche il rischio di incendi».

Accanto a Maxia, il Presidio Slow Food conta sull’impegno di un altro produttore, Enrico Dentoni, e mira a coinvolgere altri proprietari. L’idea è che sempre più persone tornino a prendersi cura dei capperi delle loro famiglie.

Fabrizio Mascia, referente Slow Food per il Presidio, spiega: «Un tempo era normale trovare cespugli di capperi nei vigneti o tra gli ulivi. Se all’inizio dell’Ottocento la pianta era apprezzata per le sue proprietà medicinali, presto se ne scoprirono anche le qualità gastronomiche. Non possiamo permetterci di perderle di nuovo». E aggiunge: «Come Slow Food Cagliari, ci siamo attivati per avviare il Presidio perché è fondamentale tutelare la biodiversità del nostro territorio. Aiutare i coltivatori di Selargius significa preservare una cultura, il paesaggio agrario e promuovere un’agricoltura sostenibile, opponendoci alla speculazione sui terreni agricoli».

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