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Vino Italiano nel mirino dei dazi USA: a rischio 323 milioni di euro l’anno

L’introduzione dei dazi statunitensi al 20% sul vino italiano potrebbe generare perdite per oltre 323 milioni di euro all’anno, mettendo in seria difficoltà un settore che negli Stati Uniti rappresenta uno dei suoi mercati più rilevanti. È quanto emerge dall’allarme lanciato dall’Unione Italiana Vini (UIV), che invita a costruire un’intesa strategica tra produttori italiani e buyer americani per fronteggiare l’impatto economico e salvaguardare la presenza del prodotto sugli scaffali statunitensi.

Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori“, ha dichiarato il presidente Lamberto Frescobaldi.

Il rischio, ha proseguito, è che si inneschi una spirale di tensioni commerciali tra Washington e Bruxelles: “Sarà difficile per molti – ha aggiunto – ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l’amministrazione americana e quella europea: l’accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale“.

I numeri del settore e le aree più esposte

Dall’analisi condotta dall’Osservatorio di UIV, emerge che l’impatto dei dazi ricadrà principalmente sulle fasce di prodotto con maggiore penetrazione nel mercato americano. Il 76% delle 480 milioni di bottiglie italiane esportate lo scorso anno negli USA ricade infatti nella fascia soggetta alla nuova tariffazione. Si tratta di 364 milioni di bottiglie, per un controvalore di oltre 1,3 miliardi di euro, ovvero circa il 70% dell’intero export enologico verso gli Stati Uniti.

Tra le denominazioni più coinvolte figurano il Moscato d’Asti (60% dell’export diretto negli USA), il Pinot Grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani a denominazione (35%) e i vini piemontesi (31%), compreso il Brunello di Montalcino. Anche il Prosecco (27%) e il Lambrusco si collocano tra i più colpiti.

Castelletti: “Italia più esposta di Francia e Spagna”

Il segretario generale Paolo Castelletti ha evidenziato le fragilità specifiche dell’Italia rispetto agli altri Paesi produttori europei. “Rispetto ai partner europei, l’Italia presenta due principali fattori di rischio: da una parte la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Dall’altra, una lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”.

La sfida, dunque, si gioca non solo sul fronte delle relazioni internazionali, ma anche su quello della sostenibilità economica dell’intera filiera, che dovrà trovare nuove modalità di collaborazione per evitare che il peso delle nuove tariffe ricada interamente sui consumatori finali o sull’anello più debole della catena produttiva.

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