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Il Caffè a fine pasto secondo Giovanni Corsini: Metodi e Idee oltre il classico espresso

Nel panorama dell’alta cucina, il momento del caffè in tavola è spesso sottovalutato, quando invece dovrebbe essere pensato come il naturale completamento dell’esperienza gastronomica. Preparazione e servizio meritano la stessa cura e creatività riservate ai piatti, valorizzando anche la fase conclusiva del pasto.

L’espresso rimane una scelta apprezzata, a patto che sia frutto di una materia prima selezionata, conservata in modo ottimale, e preparata con attrezzature impeccabili. Un valore aggiunto lo dà la narrazione delle caratteristiche aromatiche e della provenienza, creando una piccola parentesi di approfondimento sensoriale. Ma chi desidera proporre qualcosa di diverso, oggi trova soluzioni sempre più interessanti.

Giovanni Corsini della torrefazione artigianale bresciana Agust ha presentato diversi sistemi alternativi in una tavola rotonda insieme agli chef di JRE Italia. “L’obiettivo – spiega Corsini – è coinvolgere maggiormente il commensale anche nel momento caffè, sperimentando diversi metodi di estrazione che rappresentano una valida alternativa all’espresso, portando in tavola maggior dinamicità, novità e interattività”.

Le tecniche di estrazione, oltre a variare il profilo aromatico della bevanda, offrono al cliente un’esperienza più partecipativa e memorabile. Tra le opzioni più adatte ai ristoranti di alto livello, secondo Corsini, si distinguono tre proposte.

Chemex

Il caffè a fine pasto secondo Giovanni Corsin

Il metodo Chemex si basa sulla percolazione: una caraffa in vetro a clessidra e un filtro di carta spesso sono gli strumenti fondamentali. “L’acqua calda viene versata sul caffè contenuto nel filtro e, estraendolo per caduta, dà come risultato una bevanda con una densità differente rispetto all’espresso”, racconta Corsini.

Il servizio può essere svolto direttamente al tavolo, aggiungendo un tocco di eleganza e suscitando curiosità. Il risultato è una tazza dalla densità più leggera rispetto all’espresso, ma molto equilibrata, con una nota di acidità delicata e una maggiore dolcezza.

Syphon

Il caffè a fine pasto secondo Giovanni Corsin

Più elaborato è il metodo Syphon, che combina infusione e percolazione. “Richiede più tempo, ma è molto più scenografico e capace di creare un vero e proprio coinvolgimento al tavolo”. L’attrezzatura comprende due ampolle sovrapposte: l’acqua si riscalda in quella inferiore fino a salire per pressione in quella superiore dove si trova il caffè.

Dopo la fase di infusione, la bevanda ritorna nell’ampolla sottostante pronta per essere servita. Il Syphon permette di ottenere un caffè dal gusto più ricco e strutturato rispetto al Chemex, pur mantenendo una densità inferiore a quella dell’espresso.

Moka

Non manca la moka tra le alternative, capace di evocare immediatamente atmosfere familiari, ma anche di sorprendere se si presta attenzione alla scelta della miscela e al metodo di preparazione. “Fa tradizione, fa casa, ma con un occhio di riguardo sempre alla qualità del prodotto”, precisa Corsini. Fondamentale evitare una tostatura eccessiva, privilegiando aromi più delicati e allontanando l’amarezza. Un altro dettaglio importante riguarda l’acqua, che dovrebbe essere già calda prima di unirla al caffè, per evitare che quest’ultimo resti troppo a lungo ad alta temperatura: “Prima si scalda l’acqua, poi inseriamo il filtro con il caffè, così quest’ultimo non rimane troppo tempo ad alte temperature”.

Questi metodi, diversi per tecnica, risultato e impatto sul cliente, offrono nuovi stimoli a chi vuole proporre al ristorante un’esperienza caffè ricca di sfumature e attenzione al dettaglio, con la possibilità di raccontare storie e coinvolgere i commensali fino all’ultimo sorso.

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